martedì 26 febbraio 2008

Einaudi, primo Presidente della Repubblica, "Perchè voterò per la monarchia"

Riproponiamo un articolo estremamente interessante apparso il 24 maggio del 1946, a firma di Luigi Einaudi, sul quotidiano "L'Opinione". 4 colonne dense di significati dal titolo "Perché voterò per la monarchia".

Einaudi illustra le ragioni per cui reputava la Monarchia meglio della Repubblica, scelta condivisa da un numero altissimo di italiani al referendum del 2 Giugno. Due anni dopo, Luigi Einaudi venne eletto Presidente della Repubblica Italiana con 518 voti su 871.

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Non voterò per la monarchia perchè io pensi che il Re possa salvare gli averi di coloro che posseggono. Costoro sono bensì una moltitudine in Italia: di soli proprietari di terreni si contano 13 milioni,uno ogni tre abitanti e mezzo, più di uno per famiglia. Ma gli averi non si salvano fidando in una forza esteriore. Si salvano con il lavoro, coll'iniziativa, col risparmio, rinunciando adogni monopolio, ad ogni privilegio dannoso alla collettività.

band-savoiaNè voterò per la monarchia perchè pensi che il Re possa essere le roi des gueux. Non devono più esistere in Italia, come un tempo accadeva, straccioni di cui il Re possa dire di essere il difensore contro la prepotenza dei grandi.

Non voterò neppure per la monarchia perchè speri che essa ci salvi dal salto nel buio di una repubblica comunista o socialista. Nessuno può salvare gli italiani dal salto nel buio o nell'abisso se non gli italiani stessi. Se non volessi, assai più che la vittoria della monarchia, la vittoria del bene del bene comune, dovrei augurare alla repubblica di iniziare il suo corso nel travagliato momento odierno: col 20 per cento della ricchezza nazionale distrutta, col reddito nazionale totale, ossia coll'insieme della produzione annua totale di beni e servigi, dalla quale soltanto si salvano salari, stipendi, interessi, guadagni, imposte, ridotto del 45 per cento in confronto all'anteguerra, colle disponibilità liquide (massa totale dei depositi presso le casse di risparmio e banche di ogni specie) nominalmente cresciute, ma in realtà ridotte di un terzo di quelle esistenti nel 1938. La impossbilità fisica assoluta di mantener le promesse che a gara i partiti vanno facendo, le prove della dura faticache tutti, appartenenti a tutte le classi sociali, dovremo sostenere, saranno causa di disillusioni acerbissime, delle quali la colpa sarà fatta risalire da molti, forse dai più, all'istituto che avremo scelto per dar forma allo stato.

umberto_2Ma non voterò per la Repubblica, perchè temo per l'Italia il pericolo dal quale a grande stento si salvò il 5 maggio la Francia, repsingendo il progetto di costituzione che la maggioranza social-comunista aveva costruito. Quel progetto soddisfaceva alla logica astratta dei dottrinari. Se si parte dalla premessa che l'unica, la vera fonte del potere sia la volontà del popolo, è chiaro che da essa soltanto debbanoproveniretutte le forze politiche esistenti nel paese. Quando i cittadini hanno eletto una assemblea a suffragio universale segreto,a che prò una seconda assemblea ed un presidente eletti con metodi diversi, dallo stesso popolo, i quali altro non potrebbero fare, se volessero far qualcosa, se non frastornare o ritardare i deliberata della assemblea popolare? Dunque sia un'unica assemblea, sia da questa eletto il capo dello stato e sian oda essa e da essa sola dettate le norme relative al mantenimento della giustizia, alla libertà d ireligione, di pensiero, di stamp, di insegnamento, di associazione. I francesi ricordarono però che che le assemblee unichesovrane sono governate dai partiti, e che questi ubbidiscono, sovratutto in regime di rappresentanza proporzionale, a giutn ele quali, impadronitesi della macchian dei partiti, fanno le elezioni; che perciò è sempre imminente la tirannia delle assemblee, non meno dura della tirannia di uno solo. Ricordarono di aver preferito iltiranno alla strapotenza di una assemblea unica sovrana. Ricordarono la dominazione del primo Napoleone, seguita alla Convenzione e al Terroe, da cui si poterono liberare soltanot grazie alla ritirata diMosca, ed alle disfatte militari di Lipsia e di Waterloo; ricordaronola rinnovata tirannia del terzo Napoleone, anch'essa funesta a tutte el libertà politiche, seppure largitrice di tranquillità apparente edipropserità economica.Anch'essa era finita nella sconfitta di sedan e negli incendi della Comune.Non dimenticaronoanche che il signor Lebrun, l'ultimo presidente eletto dalle assemblee elettive, firmò l'atto di morte della terza repubblica.

Neanche la elezione del capo dello stato da partedel suffragio universale diretto e segreto col sistema della repubblica presidenziale, è garanzia di libertà. Conosciamo un solo esempio nella storia contemporanea di repubblica presidenziale stabile: ed è quello degli Stati Uniti. Ma quello è un miracolocovuto alla coincidenza di molteplici fattori storici, che sarebbe puro caso vedere riprodursi altrove: una lunga ultrasecolare preparazione di governo indipendente nei tredici stati riunitisi nel 1787 in federazione;Washington, il generale fondatore, sceso volontariamente da presidente alla condizione di gentiluomo di campagna, allo scadere del secondo quatriennio; un grande giudice, il Marshall, che fondò e difese l'autorità della Corte suprema contro gli attacchi di parlamentari e di presidentie creòil vero ultimo presidio delle libertà dei cittadini. LE esperienze uniche nella storia non si ripetono. Si ripetono invece lke esperienze sfortunatamente ordinarie delle repubbliche centreo e sud americane, dove i pronunciamentimilitari si succedono e le elezioni sono assalti al potere da parte di capi di fazioni e dove non sono rare le lunghe tirannie dei Rosas e dei Diaz. Accade anche che un presidente eletto dal popolo a tutotre della costituzione, secondo i dettami della troppo spaiente carte di Weimar, il maresciallo Hinderburg, consegni il potere al signor Hitler, all'Attila moderno.

No; gli uomini trovano libertà solo in se stessi , nella loro forza d'animo, nella decisa volontà di resitere nelel carceridello Spielberg all'austriaco dominatore, nei reclusori e nelle isole al nostro tirannoda palcoscenico, nelle carceri e alle torture tedesche e neo-fascistiche. Ma poichè dobbiamo creare nella carta costituzionale le garanzie della libertà per tutti i cittadini, anche per quelli che, senza essere eroi, servonoumilmente la patria compiendo il proprio dover, dico che, accanto alle due assemblee legislative, accanto ad un capo delgoverno, che goda la fiducia dell'assemblea popolare, perchè la sua elezione è parte della elezione di questa, accanto ad una magistratura autoreclutantesi e indipendente da governi e da assemblee politche, accanto ai consigli elettiviregionali, provinciali e comunali, forniti, neilimiti dei propri ben definiti e bene ragionati compiti, di piena autonomiadal governo centrale, accanto alle chiese e massimamaente alla chiesa delea grandemaggiornaza degli italiani che è la chiesa cattolica, accanto alle fondazioni ed alle associazioni, accanto alla scuola, istituti tutti volti ad opere autonome di bene, deve esistere un capo di stato, il quale tragga radi vita d auna fonte diversa dalla elezione.

Quest fonte è una forza storica, costituita da tradizioni, da opere compiute in passato attraverso secoli di lotte e che non possono essere distrutte da errori in tempo recente, che è un attimo nella vita dei popoli. Noi non possiamo dimenticare che il Piemonte e la casa Savoia con una lottasecolare avevano respinto, da un lato, sino al Ticino, spagnuoli e tedeschi e dall'altro lato, sino alle Alpi,ifrancesi,i quali pure vantavano diritti suCasalee su Asti e per lunghi anni avevano dominato la capitale dello stato sabaudo da Carmagnola e da Pinerolo, conquistando all'Italia quei confini naturali sulla cima delle montagne che oggi, per la sventura e la discordia delel due nazioni sorelle, si sono nuovamente contesi. Noi non possiamo dimenticare che fu così foggiata quella spada, furono fondati ed agguerriti quei reggimenti senza di cuila idea della unità di Italia sarebbe rimasta vana aspirazione di pensatori e poeti.

I lpatrimonio delle tradzioni e delle glorie avite è patrimonio di tutti, che dobbiamo trasmettere intatto ai figli ed ai nipoti. Lo dobbiamo trasmettere cresciuto e rinnovato. La monarchia, forza storica, potere posto al di sopra dei partiti , deve divnetare quell'istituto di cui in Inghilterra si dice che non se ne parla mai.

Se ne parlò un giorno, quando nel 1649 la testa di Carlo I cadde nella sala dei banchetti di Westminster, e di nuovo quando nel 1689 giacomo II fu costretoo a prendere la via dell'esilio.M anel 1689 un parlamentare, cappello in testa, lesse a Guglielmo, nipote del redecapitato ed a MAria, figlia del re esiliato, una dichiarazione nella quelera detto che mai più gli inglesiavrebbero tollerato che il loro re esigesse imposte non votate dal parlamento,traesse in arresto cittadini senza il mandato ed il giudizio del magistrato ordinario, sospendesse l'applizazione delle leggi senza il consenso del Parlamento, intralciasse la libertà di parola e di voto dei membri delle due camere. Sono passati 256 anni da quel giorno memorando; ed i re inglesi hanno imparato la lezione e sono oggi il simbolo della unità della comunità delle nazioni britanniche, un simbolo di cui non si parla mai eche non si invoca se non quando accadache una Camera dei comunidivisa e discrode in se stessa non riesca a designare chiaramente al capo dello stato colui che dovrà essere il primo ministro.

Questa è la monarchia per la quale noi votiamo; una monarchia la quale nei giorni ordinari sia il simbolo rappresentativo dell'unità della patria e della concordia dei cittadini, circondata da una corte austera, i cui membri siano scelti dal Re e dalla Regina sentito il parere conforme del primo ministro, ed adempia all'ufficio di tutrice delal costituzione e di organo della volontà del popolo nei momenti supremi della vita della nazione, quando le altre forze politche si dimostrano incapaci ad esprimere un governo stabile.

A quel re, memori delle parole che un tempo i compagni delle battagle comuni contro gli arabi indirizzavano in terra di Spagna ai sovrani nuovamente assunti al trono, noi diciamo, cappello in testa:

Noi, ognuno dei quali è uguale a te eche tutti insieme siamopiù di te, dichiariamo e vogliamo che tu sia Re per la difesa di tutti noi contro chiunque di noi si erga ad oppressore nostro e contro la follia di noi stessi se per avventura di persuadessimo a rinunciare alal nostra libertà. Se tu sarai Re per difendere no ie le nostre libertà,noi ti saremno fedeli perchè saremo, così facendo, fedeli a noi stessi, ai nostri avi ed ai nostri figli. Ma se tu non sarai il Re che noi vogliamo, sappi che non basterà più l'oblio dell'esilio volontario a lavare le tue colpe.

Così e non altrimenti ha il dovere di parlare chi si accinga a dare il suo voto per la conservazione della monarchia.

venerdì 15 febbraio 2008

Savoia, un mea culpa prima di lanciarsi in politica


Emanuele Filiberto ha chiesto scusa per aver richiesto agli italiani un risarcimento. E non esclude di candidarsi per "far evolvere le cose in Italia"


La loro richiesta di risarcimento per i patimenti sofferti nei 56 anni di esilio aveva fatto discutere e ispirato addirittura una petizione online. Ora Emanuele Filiberto di Savoia ci ripensa e chiede scusa per quell’infelice istanza. Il pentimento può non essere del tutto disinteressato visto il mancato principe che ha ventilato l'ipotesi di presentarsi tra 5 anni per un seggio in Parlamento.

Ci si deve attendere una candidatura quindi? “Perché no? Tra 5-10 anni. Dopo che avrò studiato, quando sarò pronto". Il suo interesse è motivato dal fatto che "solo così è possibile cambiare e far evolvere le cose in Italia. Ecco perché non mi sento di escludere questa ipotesi” ha dichiarato Emanuele Filiberto all’agenzia di stampa Ansa durante un convegno internazionale a Palermo. La sua priorità non a caso sono “gli italiani all’estero”.
Destra o sinistra? “Per me - ha risposto - destra o sinistra non dovrebbero esistere, andrebbero cancellati gli estremi. Anche se riconosco che ci sono persone per bene in ogni schieramento. Oggi serve una coalizione per il bene degli italiani”. E considera positivo in tal senso l'esempio del presidente francese Sarkozy.

Anche Emanuele Filiberto picchia duro sull'attuale legge elettorale: “Non ha senso, il cittadino non può scegliere un suo rappresentante, è una legge che non rappresenta il paese. Spero che il nuovo governo modifichi le norme e faccia ritornare presto i cittadini a votare. Sono convinto che quello che uscirà ad aprile non è il voto degli italiani ma delle segreterie di partito”. Ma torniamo al caso più eclatante, che ha tanto fatto discutere e indignare gli italiani (6760 commenti solo in Virgilio Notizie).
Con una lettera inviata al presidente Giorgio Napolitano e al premier Romano Prodi, i Savoia hanno richiesto lo scorso novembre un risarcimento allo Stato di 260 milioni di euro per i danni subiti a causa dei 56 anni di esilio. Vittorio Emanuele, 70 anni, figlio di Vittorio Emanuele III, ultimo re d'Italia dal 1900 al 1946, ha reclamato la bellezza di 170 milioni di euro; il figlio Emanuele Filiberto, 35 anni, ne ha richiesti “solo” novanta. La richiesta comprende inoltre la restituzione dei beni confiscati alla nascita della Repubblica.

“Chiedo scusa agli italiani per il disagio che ha procurato loro la mia richiesta di risarcimento - ha dichiarato ora il giovane Savoia ad Ansa -. La mia, come già ho detto altre volte, è stata una lettera di richiesta danni inviata per bloccare la prescrizione, era mio diritto farlo. Mi scuso però per tutto il disagio procurato, gli italiani avevano ragione nel reagire così, non cerco scusanti. L'Italia non aveva bisogno di questo ulteriore problema, io non voglio dare problemi all'Italia".

Pace fatta? Forse. Ma l’ascia di guerra non sembra sia stata del tutto sepolta. “Sappiano gli italiani - ha tenuto a precisare - che per 31 anni hanno proibito a me e mio padre di mettere piede sul suolo italiano. E la motivazione? Solo per il nome che portiamo. Per me questo non è giusto e gli italiani devono sapere che quella legge era un torto. Il nostro è stato un esilio, anche se dorato”.


Fonte - pubblicato il 15/02/08 in Cronaca|

venerdì 8 febbraio 2008

Addio a Fra Andrew Willoughby Ninian Bertie, il Gran Maestro che ha rilanciato l'Ordine di Malta.


CITTA’ DEL VATICANO - Il Gran Maestro del Sovrano Militare Ordine di Malta, Fra Andrew Willoughby Ninian Bertie (nella foto con Sua Santità Benedetto XVI), e' morto a Roma presso la clinica 'Ars Medica' dove versava in gravi condizioni di salute. Le bandiere del palazzo magistrale in via dei Condotti sono a mezzasta in segno di lutto. La reggenza dello Smom, come prevede la Costituzione, e' stata assunta dal Gran Commendatore, Fra Giacomo Dalla Torre del tempio di Sanguinetto. Papa Benedetto XVI ha espresso, in un telegramma al Sovrano ordine di Malta, il suo cordoglio per la scomparsa del Gran Maestro e ne ha ricordato l'opera di ''autorevole uomo di cultura'' e l'impegno a favore dei piu' bisognosi. ''Spiritualmente partecipe al dolore per la morte di sua altezza eminentissima Fra Andrew Bertie, gran maestro del Sovrano Militare Ordine di Malta, desidero porgere all'intero ordine - si legge nel telegramma del Santo Padre - sentite condoglianze e nel ricordarne l'opera di autorevole uomo di cultura e l'impegno generosamente profuso nello svolgimento del suo alto incarico specialmente in favore dei piu' bisognosi, come pure l'amore alla Chiesa e la luminosa testimonianza dei principi evangelici, invoco per la sua anima eletta la pace eterna''. ''Fra Andrew Bertie ha guidato diversi cambiamenti nell'Ordine di Malta, dando il via ad un approccio moderno ai programmi umanitari dell'ordine, incrementando il numero dei membri e la capacita' di offrire aiuti ai poveri ed ai bisognosi nelle regioni piu' lontane''. E' quanto si legge nel comunicato che annuncia ufficialmente la morte del Gran maestro dello Smom. Bertie, il primo inglese ad essere eletto alla guida dell'Ordine dei suoi 900 anni di storia e che parlava correntemente cinque lingue, ''ha aumentato da 49 a 100 le missioni diplomatiche bilaterali dell'Ordine, la cui delicata missione consiste nell'offrire aiuto ai Paesi afflitti da conflitti o da disastri naturali. Ha istituito - si legge ancora nella nota - conferenze internazionali nell'ambito delle quali i membri dell'Ordine erano invitati a contribuire alle strategie umanitarie e incoraggiati a un impegno sempre maggiore rispetto alla missione spirituale dell'Ordine: aiutare i malati e i poveri e di offrire un esempio di vita secondo i principi cristiani. In piu', ha modernizzato la struttura interna e l'amministrazione dell'Ordine''. La nota elenca le cittadinanze onorarie e le onorificenze conferite negli anni a Fra Bertie, e conclude definendolo come ''un uomo di serena riflessione e di ampi interessi. Fra Bertie e' stato amato molto fa tutti coloro che hanno lavorato con lui. Amava particolarmente la compagnia dei giovani, e molti dei suoi ex studenti si recavano spesso a visitarlo al Palazzo Magistrale. Quando poteva, passava le sue vacanze a Malta, dove era impegnato nell'organizzazione di corsi di Judo per bambini e nella cura della sua azienda agricola''. Fra Andrew Willoughby Ninian Bertie era nato il 15 maggio 1929 a Londra ed era il settantottesimo Gran Maestro del Sovrano Ordine Militare di Malta, il primo britannico. Bertie era un lontano parente della regina Elisabetta, nipote del settimo conte di Earl of Abingdon. Aveva frequentato scuole cattoliche e si era laureato ad Oxford in storia moderna. Era entrato nel Sovrano Militare Ordine di Malta nel 1956 ed aveva preso i voti perpetui, diventandone un membro religioso nel 1981. Nel 1988 era stato eletto alla guida dell'Ordine come settantottesimo Gran Maestro. Il Gran Maestro dell'Ordine di Malta e' eletto a vita dal Consiglio Compito di Stato tra i Cavalieri Professi. Secondo la Costituzione dello Smom, ''quale Superiore religioso e Sovrano, deve dedicarsi pienamente all'incremento delle opere melitensi ed essere d'esempio nell'osservanza religiosa per tutti i membri''. Il Gran Maestro esercita la suprema autorita' in quello che e' considerato lo Stato piu' piccolo del mondo. Spetta a lui, insieme al Sovrano Consiglio, l'emanazione dei provvedimenti legislativi non previsti dalla Carta Costituzionale, la promulgazione degli atti del governo, l'amministrazione dei beni del Comun Tesoro, l'informazione alla Santa Sede sulle necessita' dell'Ordine, la ratifica, previo voto deliberativo del Sovrano Consiglio, degli accordi internazionali e la convocazione del Capitolo Generale. Gli Stati con i quali l'Ordine intrattiene rapporti diplomatici riconoscono al Gran Maestro, in quanto Capo Supremo dell'Ordine, le prerogative, le immunita', i privilegi e gli onori spettanti ai Capi di Stato, nonche' il titolo di Altezza Eminentissima. La Chiesa Cattolica gli attribuisce il rango di Cardinale. Andrew Bertie era succeduto, nel 1988, a fra Angelo De Mojana, nobile milanese cui viene riconosciuto il merito di aver attuato una grande rimodernazione dell'Ordine di Malta. Il Sovrano Militare Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme di Rodi e di Malta (e' questa la dizione ufficiale dello Smom) e' una delle piu' antiche Istituzioni della civilta' occidentale e cristiana. Presente in Palestina attorno al 1050, viene spiegato nel sito internet dello Smom, e' un Ordine religioso laicale, tradizionalmente militare, cavalleresco e nobiliare. Tra i suoi 12.500 membri, alcuni sono frati professi, altri hanno pronunciato la promessa di obbedienza. Gli altri tra cavalieri e dame che lo compongono sono laici tutti votati all'esercizio della virtu' e della carita' cristiana. ''Quello che distingue i Cavalieri di Malta e' il loro impegno ad approfondire la propria spiritualita' nell'ambito della Chiesa e a dedicare parte delle proprie energie al servizio dei poveri e dei sofferenti''. IL MOTTO: ''L'Ordine dei Cavalieri di Malta rimane fedele ai suoi principi ispiratori che sono sintetizzati nel binomio 'Tuitio Fidei et Obsequium Pauperum', ovvero la difesa della fede e il servizio ai poveri e ai sofferenti, che si concretizzano attraverso il lavoro volontario di dame e cavalieri in strutture assistenziali, sanitarie e sociali''. Oggi l'Ordine e' presente in oltre 120 paesi con le proprie attivita' mediche, sociali e assistenziali. Il Sovrano Militare Ordine di Malta attualmente e' un governo riconosciuto internazionalmente ma privo di territorio. L'Ordine conserva le prerogative di un ente indipendente e sovrano, ha un proprio ordinamento giuridico, rilascia passaporti, emette francobolli, batte moneta e da' vita ad enti pubblici melitensi dotati di autonoma personalita' giuridica. L'Ordine intrattiene relazioni diplomatiche con 99 Stati in tutto il mondo, molti dei quali non cattolici, cui vanno aggiunte rappresentanze presso alcuni importanti Paesi europei e presso Organismi Europei ed Internazionali. L'Ordine di Malta e' neutrale, imparziale e apolitico. ''Queste sue caratteristiche - viene puntualizzato nel sito web dello Smom - lo rendono particolarmente adatto ad intervenire come mediatore tra gli Stati”. La qualita' di soggetto internazionale e' stata continuamente ribadita, tra l'altro, da una sentenza della Corte di Cassazione in cui si sostiene che l’Ordine possiede ''una forma particolare di soggettivita' internazionale, avente carattere funzionale, nel senso che opera esclusivamente per il raggiungimento delle sue finalita' istituzionali di assistenza sanitaria ed ospedaliera''. Le sue sedi centrali, a Roma, a Palazzo Magistrale in Via Condotti 68 (dove il Gran Maestro risiede e svolge la funzione di governo), e la Villa Magistrale sull'Aventino (che ospita il Gran Priorato di Roma, l'Ambasciata dell'Ordine presso la Santa Sede e l'Ambasciata dell'Ordine presso lo Stato italiano), godono della extraterritorialita'. Tuttavia, diversamente dalla Citta' del Vaticano, lo Smom non ha sovranita' territoriale. Le Nazioni Unite lo accolgono come ''Stato osservatori dell'Assemblea Generale''. Presente direttamente in 54 Paesi del mondo, l'Ordine di Malta si compone di 6 Gran Priorati, 5 Sottopriorati e 47 Associazioni nazionali. Il capo supremo dell'Ordine e' il Gran Maestro, che e' eletto a vita dal Consiglio Compito di Stato. I votanti del Consiglio comprendono i membri del Sovrano Consiglio, altri funzionari e rappresentanti dei membri dell'Ordine. Il Gran Maestro nell'esercizio del potere esecutivo e' assistito dal Sovrano Consiglio, il governo dell'Ordine. Il Sovrano Consiglio e' eletto dal Capitolo Generale, il corpo legislativo dell'Ordine, che si riunisce ogni cinque anni. Il Sovrano Consiglio comprende sei membri e quattro ministri: il Gran Commendatore, il Gran Cancelliere, il Grande Ospedaliere ed il Ricevitore del Comun Tesoro. Il Cardinale patrono e', dall'8 maggio 1993, il forlivese Pio Laghi.

Fonte - Petrus