lunedì 10 dicembre 2007

Trovato il cimitero ducale dei Gonzaga

Riproponiamo ai Nostri lettori due articoli di estremo interesse sulla recente riscoperta del cimitero ducale ospintante centinaia di Gonzaga succedutisi nei secoli. Una nuove luce sul passato del nostro paese e su la storia di una importantissima famiglia. (Per un esteso albero genealogico rimando quì).

E.B.



Trovato il cimitero ducale
Centinaia di ossa. E i nomi? Ci sono le lapidi

Trovato. Il cimitero dei Gonzaga ha la gobba e sta sotto la scala - la stranissima scala semicircolare - della basilica di Santa Barbara. Ha la gobba perché fra la selva di ossa che i preti già consacrano come “sepolcreto”, ci sono anche le vertebre e scapole storte del duca Guglielmo. Salito al cielo nel 1587, livido e barbuto, fu il principe col quale lo stato di Mantova conobbe il tempo più bello e prospero. Anche musicale. La chiesa palatina fu pretesa dal Gobbo, per fare musica. Martedì Santa Barbara ospiterà la seconda parte dell’Oratorio di Bach diretto da Koopman. La curia ha pensato di blasonare l’evento presentando il progetto musicale della basilica e annunciando che sotto il pavimento ci sono i sepolcri dei Gonzaga. Prima nessuno. Adesso tanti in una volta.

È un riscontro. Sulle scoperte e i rilievi (archeologici e medici) il riserbo è strettissimo. Scioglieranno il mistero, martedì prossimo in Curia, il sovrintendente Luca Rinaldi e il direttore dei restauri Giovanni Mori. La novità è questa: sulle pareti delle camere funebri per ciascun c’è una lapide col nome di ogni individuo.

Se i documenti dovessero avere ragione, nella selva di ossa dovrebbero esserci i resti di almeno tre duchi.

In sequenza cronologica: il padre Federico II, committente di Palazzo Te; del primogenito Francesco III che morì di polmonite dopo un accidentale bagno fuori stagione nel Lago durante una battuta di caccia; del secondogenito succedutogli sul trono, Guglielmo.

Oltre a questi anche lo scheletro di Domenico Guglielmo Lungaspada, figlio di Vincenzo I, e quindi i resti delle donne. Dovrebbe trattarsi del più importante ritrovamento del genere dei tempi contemporanei, se si considera che negli anni Sessanta don Costante Berselli individuò nella chiesa di Santa Paola la tomba di Isabella d’Este e del marito Francesco II più altri famigliari ascendenti e discendenti.

Tutto finì nel tritaossa della dimenticanza e della dispersione. Meno che per il ramo francese della decandenza, rappresentato in Santa Barbara dai resti di Carlo I e dal cranio dell’ultimo duca Ferdinando Carlo il Fellone. Non è che i Gonzaga sono perseguitati dalla maledizione della razza “evidentissimi in vita, spariti in morte”, perché le loro sepolture sono state o continuano a essere introvabili.

La verità è un’altra: le visite ai loculi, nei secoli, sono state frequenti, rapinose o curiose, dai lanzichenecchi ai francesi di Napoleone, dalle acque e dalle melme del Mincio fino agli storici armati di torcia, trapano e un cuore indomito da Indiana Jones.

Delle sepolture collettive di Santa Barbara si sapeva tutto. Dai documenti contemporanei a Guglielmo e da quelli di poco posteriori. L’occasione per individuarle e vederle è stata data dal recente cantiere del restauro totale della basilica. Via il pavimento ecco le due camere funebri, alla sinistra della scala che stilizza l’impresa gonzaghesca del Monte Olimpo. La stanza degli uomini e quella delle donne, comunicanti, e raggiungibili non attraverso la cripta (troppo facile), ma da una gradinata che cala sottoterra dietro un lastrone altrettanto funebre nel corridoio della sagrestia. Brividi, macigni e cunicoli.

La cripta non c’entra. Originale quanto la chiesa superiore, quella inferiore, a tre navate e con cappella ellittica, non dà accesso ai vani tombali. Però - in chissà quali tempi e con quali strumenti - qualcuno mise gli occhi nelle fondamenta della chiesa ducale. Bucò la parete per vedere al di là. Buio pesto, ma non per la telecamerina che in tempi più recenti ha “visto” la selva delle ossa.

Tutto vero. Guglielmo è sepolto lì sotto, insieme agli altri. Ogni signore aveva anche il suo programma di vita eterna. Sua moglie, Eleonora d’Asburgo, preferì il pavimento della chiesa della Trinità (oggi Archivio di Stato). I nonni suoi, Francesco II e Isabella d’Este decisero invece di farsi seppellire nella chiesa di Santa Paola, mentre il figlio Vincenzo I con la nuora Eleonora de’ Medici preferì la cripta di Sant’Andrea. A ognuno la sua fine, chi dentro il saio francescano, chi con la corona, l’ermellino e lo spadone. È il caso megalomane di Vincenzo I, che però non si trova.
La chiesa palatina di Santa Barbara è officiata, è proprietà della diocesi, con la sua acustica e il suo organo Antegnati è una straordinaria aula da concerti.

Nel suo piano di sistemazione della corte il duca Guglielmo nel 1562 commissionò una nuova chiesa privata nella zona “del gioco della palla”, cioè in una spianata fra la Corte Nuova e la Domus Nova, in una bassura che fu riempita con una infinità di terra.

Negli stessi anni nacque Vincenzo, l’erede, e Guglielmo si convinse che ci voleva un tempio più grande, solenne, speciale. Così eccezionale da pretendere dal papa una giurisdizione diocesana senza territorio, un messale proprio, un rito autonomo. Nel 1565 la consacrazione della basilica progettata assieme al campanile da Giovanni Battista Bertani con un gusto polimorfo e personalissimo che salda la memoria giuliesca allo stile romano.

Guglielmo volle essere sepolto dalle parti del Monte Olimpo, su un lettuccio di pietra. Con lui i parenti. La basilica è piena di reliquie e di sorprese. Basti ricordare la serie di palle dipinte che furono rinvenute durante i lavori di restauro diretti dall’architetto Giovanni Mori nella sagrestia. Giochi infantili del Cinquecento che confermano che nell’area della chiesa i principi giocavano proprio a palla. I Gonzaga, anche se morti, non finiscono mai di riapparire. Sono o non sono la colonna vertebrale di Mantova?

Eccezionale ritrovamento durante il restauro di Santa Barbara, nel cuore della città
In due locali sotterranei le tombe di quattro duchi e di molte donne della famiglia
Mantova, era sotto una chiesa
il sepolcro segreto dei Gonzaga
Per almeno tre secoli molti le avevano cercate senza successo

Mantova, il sepolcro dei Gonzaga
MANTOVA - La lapide dell'abate Gregorio Carbonelli, fido consigliere dei Gonzaga morto nel 1624, per secoli era riuscita a celare almeno in parte il segreto. I tombaroli avevano comunque trovato il modo di fare razzia, ma per gli studiosi dove fosse il sepolcro di alcuni dei principali duchi di Mantova era rimasto un mistero. Le cronache indicavano come luogo più probabile la chiesa di Santa Barbara, inglobata nel Palazzo Ducale e costruita nell'epoca d'oro della dinastia, ma solo il caso ha permesso, durante alcuni lavori di restauro, di scoprire due camere sotterranee contenenti i resti di quattro dei maggiori esponenti del casato, oltre a quelli di molte donne della famiglia.

L'eccezionale ritrovamento è avvenuto durante la posa delle tubature dell'impianto di riscaldamento. Mentre gli operai guidati dall'architetto Giovanni Mori erano al lavoro nei pressi dell'altare, il terreno si è smosso aprendo due varchi su dei locali sconosciuti e collocati a lato della cripta. Le immagini riprese da una telecamera calata all'interno hanno lasciato tutti sbalorditi, mostrando una stanza con soffitto a volta a botte e con molte ossa sparpagliate sul pavimento.

Si trattava del sepolcro delle donne, simile a un grande ossario, ma le principali sorprese dovevano ancora arrivare. "Il vero accesso era nascosto dalla lapide di Gregorio Carbonelli, che si trova nei pressi della sagrestia: una posizione in effetti strana per un importante canonico di corte", dice il soprintendente ai Beni architettonici e al paesaggio Luca Rinaldi. "Da lì parte una scala che conduce a un corridoio e ai locali sotterranei, anche a quello con i resti dei duchi".

Sotto la chiesa di Santa Barbara, dove sono conservate anche le spoglie di Carlo I Gonzaga Nevers (1627-37) e dove si trova il cranio dell'ultimo duca, Ferdinando Carlo Gonzaga Nevers (1665-1708), è venuto alla luce il "Pantheon dei Gonzaga". Grazie alle lapidi sulle pareti, sono stati identificati i resti di Federico II (primo duca di Mantova e marchese del Monferrato, regnante dal 1519 al 1540), di Francesco III (duca tra il 1540 e il 1550), di Guglielmo I (terzo duca, al potere tra il 1550 e il 1587 e fondatore della chiesa di Santa Barbara, eretta tra il 1562 e il 1572) e di Francesco IV (quinto duca e rimasto in carica pochi mesi nel 1612). È stata inoltre trovata la tomba del giovane Guglielmo, figlio del quarto duca di Mantova, Vincenzo I, che è sepolto nella chiesa di S. Andrea.

La scoperta, probabilmente la più importante di questo tipo degli ultimi decenni nella città lombarda, va persino oltre le speranze di chi da tempo cercava di svelare i misteri nascosti dentro Santa Barbara e di trovare l'accesso al sepolcro. Molte cronache del Cinquecento e del Seicento dicevano che lì era stato sepolto Guglielmo I, noto per la gobba ma anche per il suo impegno come mecenate, e che il duca, prima di morire, vi aveva traslato anche i resti del padre Federico II, il committente di Palazzo Te, e del fratello Francesco III, morto di polmonite dopo essere caduto in acqua durante una battuta di caccia. Era però difficile ipotizzare un ritrovamento di questa entità, con l'individuazione anche delle tombe di altri esponenti della famiglia.

Le sepolture sono in uno stato di conservazione decisamente precario e i segni di saccheggio sono evidenti. Lungo il corridoio d'accesso qualche tombarolo ha scritto la data 1740, ma altre spoliazioni avvennero probabilmente anche in epoca napoleonica. I corpi inizialmente erano adagiati su tavole in legno o lastre di marmo rette da mensole in pietra finemente lavorate e sormontate da iscrizioni sepolcrali, ma ora i loro resti sono dispersi nel locale; una situazione che rende anche difficile associarli direttamente ai singoli personaggi.

Questa operazione sarà affidata a degli esperti, che utilizzando avanzate tecniche scientifiche potranno fornire molte altre informazioni utili agli storici. "Attualmente non possiamo nemmeno escludere che tra le ossa contenute nei locali ci siano anche quelle di qualche altro duca", spiega monsignor Giancarlo Manzoli, che segue i restauri della chiesa per conto della Curia. "Poco tempo fa, in occasione dei 500 anni dalla nascita, sono state fatte delle analisi su quello che è rimasto del corpo di Ferrante Gonzaga, il fratello di Federico II, e questi risultati potrebbero essere d'aiuto. Nei prossimi mesi decideremo come dare una degna collocazione ai resti e rifletteremo sulla possibilità di rendere il luogo accessibile al pubblico".

Fonte - Gazzetta di Mantova, La Repubblica, 4 Dicembre 2007

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